Titolo: Jealousy
Autore: adolescent »
Personaggi: Il cast di TVD, nuovo personaggio
Raiting: Giallo ùù
Avvertimenti: Eh, sì, mi avete scoperta u.u Paul sarà un personaggio importante durante la mia fanfiction (:
Ora aspetto i commenti su questo nuovo capitolo, finalmente Elisabeth si farà valere!
Jealousy
Terzo capitolo.Covington Party.Mi guardai allo specchio soddisfatta, i miei lunghi capelli cadevano mossi lungo la schiena e indossavo un leggero vestito di seta lungo fino a metà coscia, senza spalline, bianco, stretto sotto il seno da un fiocco morbido dove avevo attaccato una farfallina azzurra.
Sopra avevo un coprispalle piuttosto lungo, quasi quanto il vestito.
Le scarpe erano tacco dieci, blu, lucide, così non sarei risultata una nanetta in confronto a Ian.
La mia testa era ancora in subbuglio ma ormai avevo giurato a me stessa che a quella maledetta festa mi sarei divertita e non sarei andata a casa ridotta peggio di uno straccio.
Feci una giravolta su me stessa ridendo da sola, ero felice anche se mi avrebbe sfruttato e sarebbe andato contro tutte le mie regole. Sarei stata con lui, quella sera sarei stata io al centro della sua attenzione anche per finta.
Ero una stupida e lo sapevo, lo sapevo fin troppo bene, ma tutta quell'illusione mi rendeva felice, illusa e felice. Finchè durava lo sarei stata, avrei sofferto comunque perchè da quando aveva scelto quella vita avevo sempre sofferto per lui.
In quel momento qualcuno suonò al campanello, corsi al citofono e la voce di Ian mi assalì prepotentemente.
Gli dissi che sarei scesa immediatamente così spensi lo stereo che stava suonando una vecchia canzone di Tracy Chapman e scesi le scale stando attenta a non slogarmi una caviglia.
Non mi piacevano molto le scarpe con il tacco ed ero anche abbastanza alta, un metro e settanta, certo non ero una vetta, ma mi piceva quell'altezza intermedia.
Purtroppo fisicamente ero abbastanza banale; ero magra, avevo solo una prima di reggiseno e una mia amica mi chiamava "la ragazza dalle gambe chilometriche", certamente scherzava, ma non mi piaceva molto quel tratto di me stessa.
Fin da piccola avevo sempre avuto la paura di avere la parte inferiore più lunga della parte superiore.
Una volta fuori dall'edificio chiusi il portone e lo guardai sorridendogli, cercando un ancora di salvezza. Fortunatamente la trovai nel suo splendido sorriso a trentadue denti e galantemente mi aprì la portiera.
"Wow, Mr. Somerhalder, non mi aveva mai aperto la portiera prima d'ora" ironizzai.
"C'è sempre una prima volta" rispose facendomi l'occhiolino.
Il viaggio in macchina trascorse molto tranquillamente, io non ero tesa, ci ero abituata alla sua presenza, più che altro ero elettrizzata.
Lui mi fece dei complimenti sull'abito e mise un CD per occupare il silenzio da noi creato. Tracy Chapman, She's got Her Ticket.
"Il CD che ti avevo regalato un po' di tempo fa!" esclamai io meravigliata.
"Esatto, lo ascolto spesso. Mi ricorda te, quando sento la mancanza di casa ti penso" esordì con un sorriso da mettere paura.
Rimasi sbalordita a fissarlo, mi stava prendendo in giro anche quella volta? Lasciai la domanda senza risposta, in fondo era il mio amico, il mio migliore amico, non poteva prendermi in giro sempre, no se non era un viscido.
"Wow.." dissi infine seriamente sorpresa, bella scoperta.
"Ehi, principessa, come potrei non pensarti? Ci sei sempre tu in ogni mio ricordo, ad ogni mio compleanno, festa, concerto e tutto il resto, anche non volendo ti dovrei pensare comunque" e mi spettinò un po' con una delle due mani libere.
Storsi la bocca senza che lui vedesse,
anche non volendo ti dovrei pensare comunque. Forse non aveva pensato all'importanza di queste parole, anche non volendo. Scossi il capo e guardai fuori dal finestrino. Arrivammo poco dopo, c'era il solito caos all'entrata, c'erano le solite ragazzine che volevano imbucarsi, che urlavano per attirare un po' l'attenzione e altre che urlavano a Ian di morderle. Idiote forse?
Se io non lo conoscessi e sarei stata nella loro stessa situazione non mi sarebbe neanche passato per l'anticamera del cervello urlare certe cose, ma Ian rideva, sembrava divertito. Lo trascinai dentro, sì, lo trascinai con tutta la mia misera forza mentre si stava lodando ascoltando quelle stupide galline urlanti.
Senza indugio lo portai subito al centro della pista che era già affollata e iniziai ballare con lui.
"Wow, Mrs. Kennedy non sapevo sapessi ballare" mi sussurrò all'orecchio con un leggero sorriso sul volto.
"C'è sempre una prima volta!" e gli feci l'occhiolino.
Chiusi gli occhi mi lasciai andare senza sapere precisamente cosa stessi facendo, mi lasciai cullare dall musica e dalle sue braccia. Potevo sentire il suo respiro sul volto, aprii gli occhi incontrando i suoi. Mi stava guardando, o meglio fissando, con quel sorrisetto da maniaco sessuale e l'unico pensiero nella mia testa era:
quanto sei bello.Improvvisamente lui distolse lo sguardo dai miei occhi e si guardò intorno. Stava cercando Natalie e io sarei voluta sprofondare.
Non credevo che poteva fare così male essere sfruttate, credevo che avrebbe usato più tatto, magari la poteva cercare senza farsi vedere da me e invece no, ero sua complice. Semplicemente una complice, quegli sguardi così falsi mi facevano schifo. Feci per andarmene, ma lui mi prese per un braccio e mi girò con violenza.
Sentii improvvisamente le sue labbra sulle mie, così morbide e desiderose. Stordita ricominciai a pensare e mi staccai da lui guardandolo male.
Non feci in tempo a formulargli una domanda che lui mi si avvicinò di nuovo e mi sussurrò all'orecchio, "dai, ci sta guardando. Vuoi aiutarmi sì o no?" e senza sentire la mia risposta incominciò a baciarmi il collo. Dei brividi mi percorsero la schiena, dovevo combattere contro me stessa; essere una sporca complice, illudermi che lui mi stesse baciando per passione o andarmene? Avrebbe fatto male comunque.
Così mi lasciai andare e non controllai più il mio corpo. Le mie mani iniziarono a toccare il suo ventre, fino a salire lentamente.
Accarezzai il suo collo delicatamente fino ad intrecciare le mie dita tra i suoi capelli. Lui mi stava baciando con finta passione, un bacio impetuoso solo per Natalie, per fargli vedere cosa si sarebbe persa se non avesse scelto lui agli altri.
Ma alla fine che si sarebbe persa? Nulla. Un idiota troppo pieno di se.
Mi distaccai da lui con il fiatone e feci un bel respiro. Mi guardai intorno per cercare Natalie e mi ritrovai a bocca aperta.
Lei era come lui, era una stupida gallina che se la stava facendo con un altro ragazzo, stessa tecnica. Riportai lo sguardo su Ian che la stava guardando con i muscoli tirati.
"Dai, in fondo non ti perdi un granchè" provai a consolarlo.
La sua espressione era tesa e la stava fissando con aria di sfida.
Ecco cosa era diventata, una sfida e io me ne sarei tirata fuori. Me ne andai lasciandolo lì, mi aveva ferita, mi aveva pugnalato al cuore e come un assassino se ne era andato via senza venirmi ad aiutare, senza aiutarmi a tamponare quel taglio profondo e sarei fuggita anch'io questa volta. Quella serata sarebbe stata come tutte le altre, purtroppo.
Fuggii via e andai a sbattere contro un omone. Chiesi scusa flebilmente e mi fiondai in bagno, ma quell'uomo mi trattenne per un polso. Mi girai scocciata.
"Sentite tutti, ma che avete oggi? Mi lasci!" urlai senza neanche guardarlo in faccia.
Lui mi tirò per il braccio facendomi avvicinare e con l'altra mano mi asciugò una lacrima. Alzai instintivamente lo sguardo e rimasi senza parole.
"Sei forte Lisa, hai forza da vendere, non farti battere da lui".
Lo abbracciai e gli appoggiai la testa sulla spalla.
Amavo quel ragazzo, anche se mi aveva risposto male poco prima e mi aveva chiuso il telefono in faccia. Lo capivo, in fondo lo stressavo sempre con la stessa storia ed ero stata una cretina ad assecondare quell'essere.
"Oh Paul, è così facile a dirlo. E se non fossi così forte come dici?"
"Allora non sei la Lisa che ho conosciuto!"
Alzai il viso per guardarlo e gli sorrisi.
Mi venne improvvisamente un'idea; Elisabeth era forte, lo sapevo e lo sapeva anche Paul, l'unico a non saperlo era solamente Ian.
"Grazie, grazie mille!" esclamai improvvisaente dandogli un bacio sulla guancia.
"Grazie sei un amico!" urlai andandomene alla ricerca di Ian. Sentii dietro di me lui urlarmi qualcosa.
"Ma adesso? Almeno concedimi un ballo!" Non mi girai, avevo una missione da fare.
Lo trovai al bar che stava bevendo un Mojito, mi sedetti di fianco a lui che mi guardò sorridendo.
Lessi un berlume di speranza nei suoi occhi, mentre nei miei c'era la rabbia.
Gli diedi uno schiaffo, forte e inaspettato. La sua espressione cambiò, non capendo il mio gesto.
"Questo è perchè se mi conoscessi veramente bene e ti ricordassi come sono fatta non mi sfutteresti in questo modo. Non è un favore il tuo, vuoi solamene farlo risultare tale e io preferisco perderti che continuare questa farsa." dissi con voce neutrale, fredda.
Me ne andai così, deliziandomi della sua espressione meravigliata. Per la prima volta ero felice nel vederlo nel panico più totale.
Caro Ian, credo che non sai più chi hai davanti.
Mi allontanai cercando le scale, quella sera avevo avuto una mia piccola vittoria personale e non sarei finita sbronza in quei divanetti di pelle. Le trovai e salii fino all'ultimo pano, fin sopra al terrazzo. Chiusi gli occhi e respirai profondamente.
Era una sera particolarmente stellata e mite. Aprii gli occhi e cercai Venere, così bella e luminosa, quel pianeta che aveva il nome di una Dea romana, la dea della bellezza, quel pianeta che Ian all'età di sedici anni aveva comparato a me.
Mi uscì una leggera lacrima che ricacciai indietro subito e mi ricordai del bicchiere di champagne che avevo preso al bancone dopo avergli dato lo schiaffo e ne bevvi un sorso.
Camminai piano fino al cornicione e mi sporsi un poco. Avevo bisogno di leggerezza, di andarmene, di cambiare e cominciare da capo. Avrei cambiato anche nome, sarei fuggita costruendomi un'altra vita, avrei guardato i cartelloni dei cinema e nel vedere Ian non avrei fatto niente.
Avrei sorriso ricordando la mia infanzia così particolare grazie a lui. Ma purtroppo tra i due il pazzo era sempre stato Ian, io ero solamente la mente malata che pensava alle varie situazioni strambe, lui le portava a termine.
Maledetti ricordi, non cel'avrei mai fatta a ricordare il passato con un sorriso, mi sarebbe uscita sempre una piccola lacrima, una lacrima che sapeva di quel bastardo.
Scoppiaia a ridere, forte, e salii sul conicione aprendo le braccia. Volevo sentire il brivido e quell'aria leggera che mi muoveva i capelli non faceva altro che farmi crescere la voglia di poter volare, la libertà.
"Non lo fare, Lisa, per favore!" piagnucolò una voce bassa, che avrei riconosciuto anche nel bel mezzo di un concerto, alle mie spalle. Sorrisi, quella sera era la mia serata fortunata così mi dilettai nella recitazione come era tanto bravo lui.
"E se ti dicessi che quello che dici non mi importa più?" dissi fingendomi amareggiata sporgendomi di più dal cornicione.
"Ti prego, Elisabeth, Per una volta nella tua vita non fare di testa tua!" continuò lui.
"Il punto è che ultimamente ho fatto sempre e solo di testa tua".
"Stai facendo una stupidaggine.." Lo sentii inginocchiarsi.
"..Ok, hai sempre avuto ragione tu, questa popolarità mi ha dato fin troppo alla testa, scusami, ma non lo fare io, io sarei perso senza di te" sentii la sua voce rompersi tra dei singhiozzi.
Mi girai leggermente per controllare e vidi una lacrima solcare il suo viso perfetto.
Mi morsi un labbro, avrei continuato, doveva soffrire, almeno per due minuti.
"Sei sempre stato un bravo attore, sai?"
"Come puoi pensare che io stia fingendo anche adesso?" mi urlò contro, improvvisamnte si alzò e sentii le sue braccia intorno alla mia vita e il suo viso sulla mia schiena. Gli accarezzai le mani e incominciai a ridere. Scesi dal cornicione e Ian mi guardò aggrottando la fronte.
"E' stato forte!" esordii io stupendolo.
"Cosa?"
Continuai a ridere, perchè la vendetta è un piatto che va servito freddo.
"Ma secondo te io volevo suicidarmi?"
"Non era così?" mi chiese stupito.
"Ah, mi è sempre piaciuto prenderti in giro!" scherzai.
"Elisabeth, ma sei cretina?!"
Ora sembrava arrabbiato così mi feci seria anch'io.
"Bhè, cavolo, ti ci sta bene!" dissi imbronciata incrociando le braccia al petto.
Mi abbracciò senza dire niente.
"Mi hai fatto prendere un colpo" farfugliò tra i miei capelli stringendomi.
"Per fortuna!" sussurrai più a me stessa che a lui.