« need to believe. », fan fiction -

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rollingstone-
view post Posted on 19/10/2009, 14:25




titolo. « need to believe. »
autore. rollingstone- (glo)
protagonisti. i protagonisti sono Sophia e Mark, due teenagers u.u Ci saranno anche altri personaggi, ma del tutto irrilevanti.
rating. su, mettiamo un giallo. Il linguaggio non è pulitissimo.
tipo fanfic. non lo so :S una fanfic breve. non lo soooo XD
note. Questa fan fiction l'ho scritta durante l'estate e mai terminata u.u per ora vi posto il primo capitolo. Perchè ho deciso di postare una vecchia fan fiction qui? Perchè è l'unica, fra le tante scritte e abbozzate - word prima o poi mi manderà a quel pese - a cui tengo particolarmente.
E' un "ricordo di un'estate? no. Niente di tutto ciò che accadrà è successo realmente. E'.. non so come dire... i filmini che ogni ragazza si fa?XD Quei film mentali pazzeschi di cui ci vergogniamo al sol pensiero XD
Come ho scritto anche nel primo post, il motivo per cui questa fan fiction è la mia preferita, è perchè la sento più mia. Ricordo esattamente il motivo per cui ho iniziato a scriverla e bè, è un bel ricordo. Sono veramente legata a questa storia - cosa che capita raramente. Spero vi piaccia *-*

« need to believe. »
1.0

« Nel momento in cui ti soffermi a pensare se ami o no una persona, hai già la risposta. »
L'ombra del vento, Carlos Ruiz Zafòn.


« Ti amo. »
« Perchè? »
« Non c'è un perchè. Ti amo e basta. »
« C'è sempre un perché, e io voglio saperlo. »
« Ti amo perchè ti amo. Non ti basta? »


Sophia è una ragazza sedicenne, bassina, con una chioma biondo cenere sempre in disordine, un paio di occhi azzurri come il mare, un corpo magro e smilzo; le forme, appena accentuate. Non è mai stata quel tipo di ragazza appariscente, abituata a cogliere gli occhi sognanti di ogni ragazzo, né una di quelle ragazze con una sfilza di spasimanti/ex fidanzati alle spalle, e a lei andava bene così. Si era innamorata, o forse solamente scottata da una simpatia nei confronti di un ragazzo, e ne era rimasta delusa; eppure non ha mai dato segni di sofferenza, poiché lei non si lascia mai abbattere dagli altri, lei deve sempre affrontare tutto e tutti con la testa alta, soltanto per dimostrare al mondo intero che lei può farcela, pur sentendo il cuore frantumarsi in mille pezzi. Ogni storia, iniziata per gioco o semplicemente per passare un'estate tranquilla e spensierata, si tramutava in una relazione complicata, e piena dei cosiddetti "tira e molla". Lei stessa si definisce complicata, con una vita complicata. E forse, bisogna ammetterlo, non ha tutti torti. In poche parole Sophia è una ragazza diversa dalle altre; ma non tutti riescono a comprenderlo.
Era una sera d'agosto, quando un ragazzo le se avvicinò. Lo conosceva da anni, ma non gli aveva mai dato confidenza, poiché l'aveva sempre ritenuto un buon a nulla, un perdente: un cretino.
« Come mai tutta sola, oggi? » chiese Mark, un ragazzo diciassettenne, abbastanza alto, magrolino, con una folta chioma castana, domata da un quintale di gel per i capelli, e un paio di occhi verdi smeraldo.
« Alcune volte, star da soli può far bene. » rispose Sophia, tentando di assumere un tono neutrale. Quella sera era una serata no. Aveva la cosiddetta "luna storta", e non aveva molta voglia di sentire le stupidaggini dei suoi amici, oppure ridere e scherzare. Aveva voglia di rimanere da sola, ad ascoltare il suo ipod, senza aver seccature.
« Non hai risposto alla mia domanda. » le fece notare, gentilmente. Sophia alzò lo sguardo, studiandolo per un po'. A prima vista sembrava davvero interessato alla conversazione, ma lei non era certo una ragazza semplice da convincere.
« Non sono obbligata a farlo. »
Lo vide sorridere leggermente, e ciò la irritò ancora di più. Non avevo voglia di essere presa in giro, né di essere derisa.
« Quindi, non vuoi dirmi perché sta sera sei strana. » Sophia, si trattenne dall'impulso di correggerlo: non era strana, era semplicemente se stessa, solamente senza la solita maschera felice. Non gli rispose; si girò dall'altra parte, guardando oltre le colline avvolte nell'oscurità della notte.
« Bene, » sospirò, sedendosi accanto a lei, sull'erba umida, « posso benissimo aspettare, non ho fretta. » Pur non girandosi Sophia sapeva di avere i suoi occhi su di lei. Tirò un sospiro, profondo. Rimasero per qualche minuto in silenzio, ascoltando il silenzio della natura. L'unico rumore provenivano dai grilli nascosti fra l'erba alta.
« Sai, alcune volte parlare con qualcuno può far bene. » ruppe il silenzio Mark. Sophia, questa volta, sospirò esasperata, voltandosi verso di lui, e fulminandolo con gli occhi.
« Perché diavolo ti interessa sapere che cosa mi succede? Non mi hai mai rivolto la parola, e ora pretendi una confessione a cuore aperto? » Solo dopo aver terminato Sophia si rese conto di essere stata forse troppo sgarbata.
Lui la guardò intensamente, senza dar l'impressione di essere sorpreso o deluso dalla sua reazione. « Scusami, non volevo essere sgarbata. » mormorò, pentita di essersi innervosita così facilmente. « No, tranquilla. Ti capisco. » Si alzò, si diede una pulita ai Jeans, e si passò una mano fra i capelli. « E' ovvio che tu voglia stare da sola, perciò me ne vado. » concluse, voltandosi verso di lei, sperando, forse, di ricevere un invito a restare. Sophia sapeva che per gentilezza avrebbe dovuto dirgli di rimanere, ma aveva paura di innervosirsi di nuovo, perciò rimase in silenzio. Sostenne lo sguardo, finchè lui non si girò, per raggiungere il gruppo.
« Sophia? » la chiamò, poco dopo. Lei, che non aveva girato lo sguardo, gli lanciò uno sguardo eloquente. « Mi dispiace di non conoscerti. » Poi si voltò e se ne andò. Sophia non ebbe nemmeno il tempo di rispondergli, che lui era già vicino ai suoi amici, con un sorriso stampato sulle labbra. Abbozzò un sorriso: le era sembrato sincero.

« Un attimo! » urlò Sophia, dal secondo piano della sua casa, mentre si passava sulle labbra il lucidalabbra. Doveva uscire, ed era in ritardo. Doveva sbrigarsi, se non voleva essere prelevata di peso dal bagno. Sapeva che tutti i suoi amici, con i motorini, la stavano aspettando sotto casa. Sapeva anche di aver rimediato il cosiddetto "passaggio serale", così da non far smuovere i suoi che, sicuramente, avrebbero protestato. Si passò una mano fra i capelli velocemente, cercando di renderli leggermente mossi, e di corsa scese le scale, prendendo al volo la borsa e la felpa. Appena uscì, vide una schiera di motorini, con due persone per ognuno - non era legale, poiché nessuno aveva compiuto diciott'anni, e anche se li avessero avuti, i motorini non erano omologati, perciò in ogni caso sarebbero stati contro la legge, ma a loro non importava: chi controllava in una cittadella del genere? Salutò con un cenno di saluto tutti quanti,
« Sempre la solita ritardataria. » commentò, scherzosamente, Giulia, la sua migliore amica. Erano migliori amiche da tanti anni, così tanti da aver pure perso il conto. Era come una sorella per lei, perciò non credeva fosse importante sapere da quanto fossero migliori amiche: lo erano da sempre, da quando erano nate.
« Su, potevo far di peggio. » rispose Sophia, passandosi una mano fra i capelli. Lei era sempre stata la "ritardataria"; tanto che in un'occasione si presentò un'ora dopo l'orario stabilito, e fece imbestialire tutti quanti. Sophia era fatta così, e non la si poteva cambiare. Giulia le sorrise, senza rispondere. « Dai su, andiamo. » disse ad alta voce il suo ragazzo, Fabio, accendendo il motorino. Sophia annui, con un sorriso.
« Con chi vado? » chiese. Sapeva di aver rimediato un passaggio, ma era tutta opera di Fabio e Giulia, che non le avevano fornito alcun dettaglio in più. Fabio e Giulia si guardarono complici, e poi la ragazza si rivolse verso la sua migliore amica, con uno sguardo supplichevole, come per scusarsi.
« Con Mark. Non ti dispiace, vero? » Sophia, trattenne a stento uno sbuffo. Avrebbe preferito chiunque altro, tutti, fuorché lui, eppure non se la sentiva di protestare, perciò si limitò ad annuire, spostando lo sguardo verso l'ultimo motorino, quello di Mark, che appena incrociò lo sguardo, le sorrise. Sophia si avvicinò a Mark, prendendo il casco che le stava porgendo, mormorando un debole grazie. Appena montò sul motorino, partirono tutti quanti. Sophia appoggiò delicatamente le mani sui fianchi di Mark, cercando di non appoggiarsi troppo, né di stare troppo staccata, per paura di volare via alla prima curva. Era rigida, quasi insicura e impaurita dalla guida del suo pilota, e Mark se ne accorse.
« Puoi stare tranquilla, sai. »
« Sì, parliamone quando poggerò i piedi per terra. »
« Sei sempre così diffidente? » chiese, ridacchiando, e accelerando leggermente. Sophia conficcò leggermente le unghie nella carne di Mark, stringendosi per bene.
« No, solo nei giorni dispari. » rispose con acidità.
« Oggi è il due. » le fece notare Mark, con un sorriso. « In ogni caso, puoi stare tranquilla, » decellerò, « sono un bravissimo pilota. »
Sophia mugugnò in risposta, allentando la presa sui suoi fianchi. Aveva sempre avuto il terrore della velocità e la guida di Mark non era un'eccezione.
« Fidati di me. » le disse, accelerando quel tanto che bastava per raggiungere gli altri. Sophia, annuii distrattamente, ma non si strinse con maggior forza quando lui accelerò.

« Sembra che siamo rimasti solo io e te. » commentò Mark, sedendosi vicino a Sophia, la quale era rannicchiata su una panchina in legno. Portava una di quelle felpe molto grandi, che tengono un gran caldo, ma che quella sera servivano a poco o niente. Era una serata fredda, molto fredda. Sophia, annuii, distrattamente, stringendo con maggior forza le ginocchia al petto. Stava morendo di freddo.
« Hai freddo? » le chiese, gentilmente, Mark, sbottonandosi la felpa. Sophia decise di mentire, così da evitarsi una scena d'imbarazzo, perciò negò. Mark, non la ascoltò, e si tolse la felpa, porgendogliela.
« Davvero, non ho freddo. » ribatté Sophia. Mark sorrise, sospirando, e le appoggiò la felpa sulle spalle.
« Sei testona, lo sai? » commentò con un sorriso, mentre Sophia si avvolgeva nella sua felpa calda, mormorando un timido grazie.
« Anche tu, se è per questo. »
Scosse la testa, ridacchiando, lasciando che una leggera brezza gli scompigliasse i capelli. Sophia, colse quell'attimo per osservalo con più attenzione. Non era così male. Era, tutto sommato, un bel ragazzo, aveva dei bei lineamenti, dei bei occhi e soprattutto aveva un bel sorriso, cosa fondamentale. Un ragazzo senza un bel sorriso è come un buon libro senza il capitolo finale. Incompleto.
« Scusami, per l'altra volta… » abbozzò Sophia, abbassando leggermente lo sguardo. Le era uscito di getto, senza nemmeno pensarci sopra. Forse non era nemmeno il momento giusto per delle scuse.
« Tranquilla, avevi ragione. Sono stato un cretino. » ammise, passandosi una mano fra i capelli.
« Sì, ma non avrei dovuto risponderti così in ogni caso. »
« Ah, quindi mi stai dando ragione sul fatto che sia stato un cretino. » Ecco la sua risata, la sua risata da "presa in giro".
Sophia fece ulna smorfia. « No, stavo solo.. oh, va bè, hai capito. » sospirò, rinunciando al tentativo di scusarsi per bene. Lei non era mai riuscita a fare un discorso lungo e serio in vita sua, non era nemmeno riuscita a mettere due parole in croce seriamente. Lei e "le parole" erano due cose diverse. Mark le sorrise. « Tranquilla, è tutto ok. Non ho bisogno delle tue scuse. Non le voglio, nemmeno. Avevi tutto il diritto di mandarmi a quel paese. » Sophia alzò gli occhi, pronta a ribattere - cosa dalla quale era difficile dissuaderla, poiché la testardaggine scorreva nelle sue vene, come un fiume nel suo letto - ma Mark fu più veloce, e la interruppe. « No, non dire nulla. Ho ragione, punto. E ora alzati. »
« No. »
« Ho detto, alzati. » le ripetè con un sorriso divertito, mentre nel frattempo si alzava. Sophia lo guardò, diffidente e perplessa.
« Non prendo ordini da te. »
« Per una volta, fidati. » Le porse la mano. Sophia lo guardò intensamente, cercando di trovare all'interno dei suoi occhi le sue intenzioni. Non trovò nulla fuorché dei bellissimi occhi che la guardavano in attesa. Prese la mano e si alzò; una volta in piedi, tentò di ritirare la mano, ma non ci riuscii, poiché Mark la teneva stretta fra la sua.
« Seguimi. » le disse, iniziando a camminare verso l'oscurità.
« Dove mi stai portando? »
« Dove iniziano e finiscono gli amori. »
« E perché mai? » chiese, stupita.
« Perché, tu mi sembri quel tipo di ragazza che non crede nell'amore. » Mark si girò, per guardarla negli occhi, come se aspettasse una negazione che, però, non arrivò. Sophia si incupì. Lei aveva sempre creduto nell'amore, solamente che a son di delusioni, e perdite, aveva smesso di crederci.
« Perché, tu sì? » mormorò in risposta, lasciandosi trascinare come le foglie dal vento. Per quella sera, Mark era la sua guida.
« Bè, perchè non dovrei. Tutto il mondo crede in Dio, eppure non hanno prove per dimostrare la sua esistenza. Non abbiamo prove per dimostrare che il vero amore esiste, ma ciò non vuol dire che non esista. » Era serio, era sincero. Aveva detto al sua opinione, e sembrava pronto a difenderla con i denti. Sophia rimase sorpresa da ciò. Non si aspettava di sentire una frase del genere, soprattutto da un tipo come Mark, uno che aveva sempre considerato troppo superficiale. Continuarono a camminare in silenzio: Sophia guardava sorpresa, e quasi incuriosita Mark, mentre lui, stringendo la mano di lei, la portava attraverso le stradine della cittadella, sapendo per certo che, in quel momento, aveva smosso qualcosa dentro di lei.
« Eccoci arrivati. » Sophia si fermò, osservando il misterioso luogo dove nascono e finiscono gli amori di tanti giovani. Era un semplice ponte, uno di quei ponti lungo la strada, che tutti attraversano più di una volta, ma che nessuno si ricorda di averlo fatto, né si ricorda della presenza di esso. La vista, era bellissima. Si vedeva il fiumiciattolo, illuminato dalla luna, per metà ricoperta dalle nuvole, avvolto dai rumori degli animaletti e decorato con le luci nascoste delle lucciole. Mark la lasciò ammirare il luogo, e poi le indicò un punto preciso del ponte, il corrimano in pietra, aveva, alla sua estremità, delle strane scritte nere che, a prima vista, sarebbero passate per crepe dovute agli anni. Sophia si avvicinò, e guardò attentamente quelle numerose striscioline nere, e riuscii a distinguere numerosi nomi. “ Monica&Paolo, '86”, “ Maria e Luca, '07 ” e così via. Nomi di persone che si erano amate, persone che tutt'ora si amano e che, in qualche modo, volevano lasciare un segno del loro amore che, a quei tempi, sembrava eterno. Le date, poi, iniziavano dagli anni '40 e finivano con il 2009. Quanti nomi! Quanti amori!
« Perché mi hai portato qui? » chiese Sophia, ancora incantata dalle numerose dichiarazioni d'amore scritte sulla pietra di quel vecchio ponte.
« Perché tu possa credere in qualcosa. Ti ho osservato Sophia, e sembra che tu non creda in nulla. Sembra che ti manchi la forza per credere in qualcosa. E volevo mostrarti come, persone completamente diverse, persone che probabilmente in questo momento non sarebbero nemmeno capaci di ricordare i nomi del loro primo amore, in quel momento, in quel preciso istante in cui la biro sfiorava la pietra, loro credevano in qualcosa. Credevano nel loro amore, e ci credevano davvero. In qualcosa bisogna pur credere. » Sophia lo guardò, piena di ammirazione. In quel momento conobbe un nuovo Mark. Il suo Mark.
 
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;apple.
view post Posted on 19/10/2009, 14:32




*Si sente furba perchè conosce già la storia..muah!*
Che dire, non so più come commentare XD
Beautiful **
 
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rollingstone-
view post Posted on 19/10/2009, 16:22




ahahha sii XD tu sei avanti u.u prevedi il futuro *uao*
thanks, eniuei XD
 
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-katherine-
view post Posted on 19/10/2009, 19:48




l'avevo già letta anche io su EPF ù.ù
 
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,bonnie
view post Posted on 19/10/2009, 19:51




..io l'ho letta qui per la prima volta, ma mi è piaciuta molto..mi piace il tuo stile di scrittura Glo..brava davvero!..(:
 
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rollingstone-
view post Posted on 19/10/2009, 20:02




Ok, tutti l'avevano già letta u.u Capito ahahhaha xD
thanks vale *-*
 
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’enfant terrible-
view post Posted on 19/10/2009, 22:46




Cavolo se è bella.
Si vede proprio che sei portata per lo scrivere ;]
 
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rollingstone-
view post Posted on 24/10/2009, 22:18




QUOTE (’enfant terrible- @ 19/10/2009, 23:46)
Cavolo se è bella.
Si vede proprio che sei portata per lo scrivere ;]

mmh, non sono della stessa opinione ma xD
Ho, forse, solo buone idee (:
 
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rollingstone-
view post Posted on 1/11/2009, 22:49




Note vi rompo ancora le balle con questa storia XD dai su, sono pochi capitoli XD Questo è il secondo *-* spero vi piaccia u.u lanciatemi pure i pomodori e per chi l'ha già letta... fate finta di non sapere come va a finire u.u XD

« need to believe. »
2.0
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« And just hold the smile, falling in and out of love. »
Never Say Never, The Fray.


« Ne hai vista qualcuna? » chiese, Mark, sdraiato su un lenzuolo vecchio e stropicciato, con lo sguardo rivolto verso il cielo. Era la notte di San Lorenzo, e tutta la comitiva si era sdraiata su dei vecchi lenzuoli stesi sull'erba, per guardare le stelle. Si erano formati vari gruppetti; le coppie si erano appartate. Sophia e Mark si trovarono da soli, poiché Fabio e Giulia - che erano sdraiati vicino a loro poco tempo prima - si erano appartati poco più in là. Pochi giorni fa, probabilmente, Sophia avrebbe trovato una scusa per allontanarsi da lui, ma ora era tutto diverso: lui era diverso.
« No, nessuna. » rispose con un tono di dispiacere, poiché quella sera, ci teneva molto a vedere una stella cadente. Aveva tanti sogni da esprimere e, perché no, forse quella era la volta buona. « Tu? »
« Una decina. »
Sophia incrociò le braccia al petto, mettendo il broncio. « E' ingiusto! Io, che avrei un armadio pieno di sogni, non ne vedo una, tu, ne vedi a bizzeffe, e non esprimi nemmeno un desiderio.» Sembrava una bambina, e lo sapeva. Eppure si divertiva a esserlo, poiché, odiava la serietà, quella serietà che con gli anni inizia a diventare la migliore amica di tutti.
« Ecco un'altra! » esclamò Mark, indicando il cielo. Quella volta Sophia la vide, chiuse gli occhi ed espresse il suo desiderio. Si voltò verso Mark che nel frattempo si era voltato a guardarla. La luce delle stelle e della luna si poggiavano sul viso di Sophia, illuminando quegli occhi azzurri, belli come il mare. Mark ne rimase quasi affascinato.
« Hai espresso anche tu un desiderio? » chiese con un sorriso Sophia. Mark annuii.
« Quale? » chiese. Sophia era sempre stata una curiosona e, ora che aveva preso un po' di confidenza con Mark, si sentiva libera di chiedergli domande più personali, quasi impertinenti. Mark la guardò intensamente, e poi, senza proferir parola, si avvicinò al suo viso. Sophia, spalancò gli occhi, sorpresa, ma non si mosse, né per avvicinarsi, né per allontanarsi. Mark si avvicinò ancora di più e, delicatamente, poggiò le sue labbra su quelle di Sophia. Era un bacio dolce, romantico; un bacio aspettato, ma non forzato. Era quel tipo di bacio che si da una volta nella vita e che non si scorda mai. Quel bacio, però, durò poco. Mark si staccò frettolosamente da lei, quasi con l'intento di rovinare quel momento magico, mormorando delle timide scuse. Sophia non osò dire nulla; si limitò ad annuire e spostare lo sguardo verso il cielo.
« E' ora di andare. » disse freddamente Mark, tirandosi su e non preoccupandosi di porgere una mano a Sophia per alzarsi. Lei, ancora stupida e quasi scossa dal bacio, si tirò su in fretta, prendendo il lenzuolo e piegandolo velocemente. Senza aprir bocca, seguii Mark fino al motorino.

« Ok, l'hai baciato quindi. » concluse Giulia, arrivando al dunque.
« Tecnicamente lui ha baciato me. » la corresse Sophia, stringendo il cuscino fra le braccia. Quella sera si erano messe d'accordo per dormire insieme, a casa di Sophia. Quella stessa sera, la notte di San Lorenzo, erano accaduti dei fatti rilevanti sia per l'una che per l'altra, e come buone amiche, iniziarono a discuterne. Sophia raccontò del bacio tra lei e Mark.
« E' indifferente, tu l'hai lasciato fare! » sottolineò l'amica.
« Ok, forse hai ragione. Però… era un momento magico. Tutto sembrava magico. Sai quelle scene nei film? » Si poteva benissimo scorgere il luccichio negli occhi sognanti di Sophia. Giulia la osservò per qualche secondo, prima di trarne la giusta conclusione.
« Hai una cotta tremenda per lui! » esclamò Giulia, puntandole il dito contro.
« No! » si affrettò a negare Sophia, benchè suonasse falsa persino a se stessa. « Bè, forse. »
Giulia si aprì in un sorrisone da trentadue denti, guardò l'amica per qualche secondo, e poi le buttò le braccia al collo.
« Lo sapevo che sarebbe accaduto! »
Il solito esagerato entusiasmo di Giulia. Si sarebbe entusiasmata persino per una notizia banale e insignificante.

La mattina Sophia si svegliò con il sorriso sulle labbra, cosa che non sfuggì a Giulia che non poteva essere più felice per l'amica: l'aveva vista quasi sempre giù, di malumore, e ora, grazie - e possiamo dirlo - a Mark, stava sorridendo come mai prima d'ora.
Si svegliarono, e già durante la colorazione iniziarono a stilare un programma per la giornata.
« Che ne dici di andare al fiume? » chiese Sophia, addentando una fetta biscottata con sopra la marmellata.
« Buona idea! Avverto subito tutti quanti. » e prese il cellulare, iniziando a mandare messaggi a tutti, i quali si rivelarono entusiasti per l'idea del fiume. Iniziarono a prepararsi, portando teli da mare, bibite, cibo e quant'altro; una volta pronto tutto l'occorrente, uscirono di casa. Sophia non vedeva l'ora di rincontrare Mark, ma purtroppo, la sua agitazione scomparve quando l'amica le comunicò che Mark non sarebbe venuto.
« Perché? »
« Ha detto che non può. Non ha aggiunto altro. »

Passarono i giorni, e Mark trovava sempre qualche scusa per evitare Sophia; quando la incontrava per strada, la salutava frettolosamente, e poi se ne andava, usando scuse campate per aria. Sophia iniziò a pensare che fosse colpa sua, che avesse sbagliato qualcosa, perciò si sentì in dovere di scusarsi. Provò a incontrarlo, ma furono tentativi vani. Più passavano i giorni, e più le speranze di riuscire a incontrarlo diminuivano. Ormai si era abituata ad essere evitata, che, dopo qualche giorno, non ci fece neanche più caso. Una sera, dopo che Sophia ormai non pensava nemmeno più a Mark e né controllava che ci fosse, lui si avvicinò a lei.
« Ciao. » mormorò debolmente. « come va? »
Sophia lo guardò sprezzante. Odiava essere presa in giro, odiava essere delusa da qualcuno, e quando ciò accade, lei effettua un taglio netto, drastico. « Come mai ora mi rivolgi la parola? » Il brutto carattere di Sophia si fece sentire come un leone imbestialito. Difficilmente lei perdona.
« Sophia, non fare così… » Mark alzò gli occhi al cielo. Sophia, leggermente infastidita dal suo atteggiamento, e ancora arrabbiata per i giorni precedenti, sbuffò e si allontanò, decisa a togliersi dalla vista quel ragazzo. Mark la seguì, prendendola per un braccio.
« Sophia, fermati per favore. » sospirò.
« No, non ci c'è un motivo per cui io mi debba fermare. »
« Devo parlarti. » le comunicò Mark, facendola girare verso di lui.
« Appunto! Non voglio ascoltarti, perciò, lasciami andare. » rispose a testa alta, indicando il braccio con cui la teneva ferma.
« Sophia, mi dispiace, ok? Hai tutto il diritto di essere arrabbiata con te. Non avrei dovuto comportarmi così. » ammise, abbassando leggermente lo sguardo. Sophia tentò di liberarsi dalla sua stretta ma non ci riuscii: non voleva ascoltarlo. Per lei non c'erano scuse che avrebbero retto.
« Bene, grazie per avermi comunicato questa formidabile notizia. » disse, ironica. « Ora, lasciami. »
« No. »
Sophia iniziò a dargli delle lievi sberle sul braccio. « Ho detto, lasciami. »
« No, mi devi ascoltare. »
« Ho ascoltato abbastanza. » Gli rivolse uno sguardo pieno d'ira. « Cosa vuoi fare? Baciarmi e poi ignorarmi? » La sua voce fu più tagliante di una lama affilata. Mark le lasciò andare il braccio, e la osservò allontanarsi lungo al strada desolata, avvolgendosi nella sua felpa per via del freddo.
Non si rivolsero più la parola, o almeno non più dello stretto necessario, sia perché non erano riusciti più ad incontrarsi, sia perché erano molto irascibili entrambi, perciò, era consigliabile evitare uno stretto contatto tra di loro, onde evitare una lite furibonda. Sophia non era riuscita a passarci sopra; per lei quel bacio contava qualcosa, molto di più di quanto lei presumeva importasse a lui, e ciò la faceva imbestialire: era stata illusa un'altra volta. Molte volte era stata rimproverata per volare troppo facilmente con la fantasia nelle realtà parallele, ma lei non aveva mai prestato molto ascolto. “ Non costa nulla sognare ad occhi aperti. ” ripeteva a chi le faceva notare che "sognare ad occhi aperti" non avrebbe portato a nulla. “ Nemmeno smettere di sognare porta a qualcosa. ” Sophia è fatta così, e non c'è modo di cambiarla. Lei non vuole cambiare. Lei vuole essere una sognatrice, e se mai sbatterci pure la testa a causa di una delusione, pur di non rinunciarci.
Mark, invece, è realista. Mark non sogna. Mark programma, sistema, organizza. I sogni sono inutili per lui. “ Meglio pensare al presente, che alle fantasie del futuro. ” E forse era proprio questa caratteristica che lo rendeva qualche volta grottesco, qualche volta leggermente superficiale. Lui, certo, credeva. Crede in molte cose, ma non sogna. Per lui sognare e credere sono cose diverse. Credere è semplice: non potrai mai avere la delusione di non aver raggiunto il tuo obiettivo, cosa che invece potrebbe accadere in un sogno. Credere è la strada più semplice per chi ha paura di sognare.
 
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ƒorks´
view post Posted on 1/11/2009, 22:58




già letta tutta nel pf XDD
stupenda sul serio, non vedo l'ora che arrivi il 3 capitolo uu
 
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;apple.
view post Posted on 2/11/2009, 02:17




noooooooooooo, non me lo sarei mai aspettata XD
quando arriva il terzo? ù.ù
 
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rollingstone-
view post Posted on 2/11/2009, 11:37




il terzo arriva dopo il secondo u.u
ok, pessima battuta u.u lo riconosco da me XD
 
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rollingstone-
view post Posted on 17/2/2010, 23:56




Note Aggiungo il terzo capitolo dato che, nel pf, ho già scritto il finale XD NON ANDATE A VEDERLO ù.ù la posterò pian piano anche qui XD

« need to believe. »
3.0
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« One half of the world cannot understand the pleasures of the other. »
Emma, Jane Austen.


Era strano rivederlo accanto a sé - o meglio di fronte - dopo averla baciata e aver finto che non fosse successo nulla. Benchè avessero deciso di evitarsi - erano molto orgogliosi entrambi, e difficilmente avrebbero ammesso di aver sbagliato entrambi, nel loro piccolo - qualche volta buttavano un occhio sull'altro, per vedere cosa stesse facendo. Una volta, però, questo gioco di sguardi finì: si ritrovarono a guardarsi negli occhi, e lei, arrossendo leggermente, spostò lo sguardo da un'altra parte, fingendosi indifferente al suo sguardo.
Nessuno si accorse di ciò, poiché nessuno credeva in loro, in una probabile coppia. Più volte era uscito fuori il discorso e più volte, quando si facevano battute su una presunta relazione fra Sophia e Mark, si limitavano a ridere, e a considerarlo qualcosa di incredibile. Dopotutto, loro due erano incompatibili: a lei piaceva una cosa, a lui l'opposto; lei odiava certi comportamenti che, puntualmente, lui era solito avere; lei amava il mare, lui la montagna. Era come parlare due lingue differenti, per citare gli Articolo 31, eppure, in qualche modo, erano riusciti a trovarsi.
Pian piano il gruppo che si era formato intorno al tavolo se ne andò, lasciando Sophia e Mark, uno di fronte all'altro, in un silenzio imbarazzante.
« Strano che tu sia di così poche parole. » commentò, ironico, Mark, appoggiando le braccia sullo schienale della panchina. Sophia era famosa per non stare mai zitta, e di aver sempre pronto un discorso pronto.
« Sai, vedendoti ho deciso di fare economia: risparmio aria, così da non rimanere avvelenata dalla tua presenza. » replicò Sophia.
« Acida, he? »
Sophia girò la testa da tutt'altra parte senza rispondere. Lo disprezzava, non lo sopportava, eppure non riusciva a toglierselo dalla testa. Non poteva sopportare il fatto che non si fosse fatto vivo, che, per tutte le sere, l'aveva evitata, quando lei, la prima cosa che controllava, era se ci fosse lui o meno. Si sentiva quasi tradita.
« Ti va di andare in un posto? » chiese di punto in bianco Mark.
Sophia emise un risolino nervoso. « Ovviamente, no. »
Mark abbozzò un sorriso e si alzò. « Non costringermi a prenderti di peso. » la minacciò.
« Ah, vorrei proprio vedere! » lo sfidò, incrociando le braccia al petto, e alzando leggermente il sopracciglio. Mark si avvicinò a lei e, invece di prenderla in braccio, si diresse verso il suo viso, cercando - a quanto sembrava - di baciarla. Sophia, colta di sorpresa da quel gesto del tutto inaspettato, si alzò di scatto, scansandolo bruscamente.
« Che diav.. » esclamò.
« Brava, vedo che ti sei alzata. Ora andiamo. » la prese per un braccio e iniziò a camminare verso una stradina buia.
Sophia trattenne a stento un sorriso - no, non avrebbe sorriso, poiché sarebbe stato come arrendersi alla sua superiorità. Ormai era diventata una guerra - per essere caduta in trappola così facilmente. Ormai era in piedi e, non volendo fare una scenata, lo seguii in silenzio.
« Questa me la paghi. » mormorò fra i denti. Mark scoppiò a ridere.
« Vorrei proprio vedere come "me la farai pagare" » ridacchiò, continuando a camminare verso una stradina isolata. Sophia, benché avesse buoni, anzi ottimi, motivi per non seguirlo, finì per essere trasportata da lui, senza ribellarsi. Dopotutto, avrebbe potuto benissimo fermarsi e andarsene, eppure non lo fece. Desiderava stare con lui, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
« Non sottovalutarmi » disse, in tono di sfida, girando verso una stradina che si rivelò una di quelle strada senza uscita. « Mark, da qui non si va da nessuna parte. » Mark sorrise, e si avvicinò al muretto che delimitava la fine della strada. Tastò le pietre, cercando un buon appiglio per scavalcare. Sophia osservo la scena, incredula. « Tu non vorrai che io scavalchi… » disse. Portava una gonna, e anche abbastanza scomoda, e di certo non avrebbe scavalcato un muretto entrando in casa di qualche sconosciuto.
« Perché? » le chiese Mark, senza distrarsi dal suo lavoro.
« Perché… non si può entrare così in casa degli sconosciuti, e poi ho la gonna. » rispose decisa, incrociando le braccia al petto, non avendo la benché minima intenzione di scavalcare.
Mark sbuffò. « Bene, » le disse, rinunciando al suo lavoro e avvicinandosi a lei. « Saltami in spalla. » aggiunse, girandosi di spalle, facendole segno di salire.
« No, manco morta. »
« Considerala una sfida, Sophia. Ti sfido a fidarti di me. » Si girò quel poco che bastava per incrociare lo sguardo di Sophia che, rassegnata, si avvicinava a lui e gli saltava in spalla. Si avvicinarono al muro, e Sophia scavalcò, seguita da Mark che, senza il benché minimo aiuto era riuscito a oltrepassare il muretto. « Ok, ora che siamo qui? » disse leggermente innervosita Sophia. Era adirata con se stessa, poiché odiava essere così facile da convincere. Avrebbe dovuto rispondere un no secco e andarsene; eppure, ogni minuto passato con Mark per lei era prezioso: doveva ammettere che, Mark, era uno dei principali motivi per cui usciva la sera, per cui partecipava ad ogni iniziativa o festa. Ogni sera, ogni giorno voleva vederlo. Bastava uno sguardo, un sorriso, una semplice battuta per renderla felice.
« Seguimi. » mormorò Mark, entrando in quel luogo "oltre il muretto". Solo allora Sophia si accorse di essere in un giardino, di una villa probabilmente. Seguii Mark finchè non si fermo davanti ad un laghetto, illuminato dalla luna, dove erano radunate delle piccole ranocchie ai bordi. Vicino ad esso c'era una panchina in legno. Mark le fece segno di seguirlo, e si sedette sulla panchina. Sophia fece lo stesso.
« Sai, mi chiedo perché tu mi porti in questi posti… » sospirò Sophia, osservando quel laghetto. Era un luogo fantastico, semplice ma d'effetto.
« Non ti saprei rispondere… » ammise Mark.
« Cosa ti passa per la testa? » le chiese Sophia, girandosi verso di lui, sperando di poter vedere all'interno dei suoi pensieri e scoprirecosa gli stesse passando per la testa in quel momento, oppure scoprire se, all'interno della sua mente, c'era un posticino anche per lei…
« Non lo so neppure io, Sophia. » Sophia sospirò, quasi delusa dalla sua risposta. Mark sentì il suo sospirò e si girò verso di lei. Sorrise, accarezzandole dolcemente la guancia. « Mi dispiace. » le disse.
« Di cosa? » chiese, cercando di non arrossire, o far qualcosa che potesse anche solo far sospettare un qualche coinvolgimento da parte sua.
« Di non poterti dare le risposte che desideri. »

Il tempo iniziò a scorrere più veloce del solito. Le giornate erano un susseguirsi di avvenimenti e divertimenti. Mark e Sophia sembravano essere tornati amici, e aver quasi scordato il bacio sfuggito durante la notte di San Lorenzo. Sophia, intanto, iniziò ad avvicinarsi a Luca, un ragazzo non molto alto, con i capelli castani chiari, gli occhi verdi pastello. Era simpatico. Era un caro amico, nulla di più. Benché tutti avessero notato un certo legame tra lei e Luca, la sua mente era occupata solo da Mark, e, benché non volesse ammetterlo - anzi, ci scherzava pure sopra - non sarebbe riuscita a toglierselo facilmente dalla testa. Era gelosa di ogni suo spostamento; osservava i suoi occhi spostarsi quando passava una bella ragazza, o come i suoi occhi, per caso, incrociavano i suoi e si sorridevano a vicenda, senza nemmeno un buon motivo. Un giorno, Luca chiese a Sophia di farsi una passeggiata, e Sophia, che adorava passeggiare la sera, accettò molto volentieri. Si guardò un'ultima volta intorno, sperando di vedere Mark che, stranamente, quella sera non s'era fatto vedere, e poi iniziò a camminare con Luca. Risero e scherzarono, finchè il discorso iniziò a farsi molto più serio.
« Sophia, devo parlarti. »
« Certo, dimmi tutto. » Sophia gli sorrise, ma se ne pentì subito: riconobbe quello sguardo tipico di chi vuole affrontare un discorso serio, una dichiarazione. Sì sentì in trappola, si sentì senza via d'uscita, quasi impaurita di dover rispondere, di dover prendere una decisione e dover anche motivarla. A lei Luca piaceva, era simpatico, ma non l'aveva sorpresa, non aveva smosso quel qualcosa dentro di lei.
« Sophia, più ti conosco e più sento di non riuscire a starti lontano. Tu… bè, tu mi piaci molto. » Non c'è niente di peggio di dover spiegare il motivo per cui non si provano gli stessi sentimenti verso una persona che ti confessa un attaccamento più profondo di un'amicizia. E' semplice usare delle scuse, scuse sentite e risentite: "meglio non rovinare l'amicizia”, ”sei quasi un fratello per me", eppure, ogni volta, torna quel groppo in gola che ti fa sentire quasi in colpa di non provare gli stessi sentimenti. Ancora peggio, se, il motivo per cui si rifiutano alcune dichiarazioni d'amore è un altro ragazzo per cui si ha perso la testa. Non c'è niente di peggio che dire ad una persona che si ama qualcun altro. E' più semplice inventarsi delle frottole che ammettere di essere innamorati di un altro.
« Luca, io… » balbettò Sophia, « non volevo darti un'impressione sbagliata, ecco.. tu sei un caro amico, davvero, ma… »
« Ho capito. » tagliò corto Luca, spostando lo sguardo dall'altra parte. « Non c'è bisogno di perderti in discorsi complicati. Volevo solo fartelo sapere. E' tutto ok. » Bugia. Una bugia bella e buona che, però, salvò Sophia da un discorso molto imbarazzante. Non disse nulla per tutta la strada di ritorno. Si chiese se avesse fatto la scelta giusta. Valeva la pena rinunciare ad un ragazzo come Luca, per Mark, al quale sembrava essere indifferente? Non che volesse, come si suol dire, "tenersi buono" qualcuno, però non aveva altri motivi per non dare una possibilità a Luca. Chissà, forse sarebbe diventata una storia seria, magari con il tempo si sarebbe innamorata di lui, ma, per ora, la sua testa e il suo cuore erano occupati.

Sophia, col passare dei giorni, iniziò ad abbattersi per i "non progressi" con Mark. Ormai era come se fosse un caso archiviato per lui e lei fingeva di pensarla allo stesso modo, eppure non riusciva a toglierselo dalla testa. Tentò più volte di parlare con Giulia, ma non aveva mai trovato il coraggio. “ Tra un po' mi passerà ” si ripeteva ogni giorno, sperando che questa cotta per Mark le sarebbe passata da un giorno all'altro. La notte si addormentava chiedendosi se la stesse pensando, e la mattina si svegliava con il pensiero di vederlo fra qualche ora. Non voleva ammettere che probabilmente sarebbe diventato qualcosa di serio, perciò viveva nella convinzione che fosse solamente abbagliata da lui, sorpresa e che, col passare del tempo, sarebbe passato tutto. Una di quelle sere dove non si vedeva nemmeno l'ombra di Mark in giro, Sophia non riuscì a trattenersi, e parlò con un suo amico - per essere precisi conoscente - con cui non aveva mai preso tanta confidenza, Marco. Non era solita dire i fatti propri in giro, soprattutto alle persone con cui non ha una certa confidenza, eppure quella sera sentiva un pulsare nella testa, come se stesse per scoppiare, e quindi sentì il bisogno di liberarsi di quell'enorme peso. Quella sera spiegò brevemente - e cercando di restare più vaga possibile - a quel ragazzo bassino, con uno splendido sorriso e due occhioni color nocciola.
« Quindi, ti sei innamorata… » commentò mormorando.
« Innamorata è una parola grossa. Comunque bè, sì, credo di provare qualcosa per lui, ma… » mormorò, passandosi una mano fra i capelli, seduta su una delle numerose panchine insieme a Marco. Si erano ritrovati per caso da soli - il resto del gruppo si era diviso per motivi vari - e si erano messi a parlare del più e del meno, fino ad arrivare ad argomenti scottanti. Marco aveva ammesso una cotta per una ragazzina più piccola di lui e Sophia, arresa ormai all'evidenza e dall'enorme penso di quel "segreto" , ammise di provare qualcosa per un ragazzo, ma si guardò bene dal dire il nome.
« …Ma? »
« Ma, non so cosa fare, Marco. » ammise. Marco rimase un attimo in silenzio, come se stesse pensando ad una risposta adeguata.
« Sai, dovresti dirglielo. »
« No, non se ne parla proprio. »
« Sophia, dovrai scoprire prima o poi la verità. » Sophia non era stupida, perciò capì subito che l'idea di Marco era l'unica strada da percorrere. Doveva scoprire la verità, doveva sapere cosa passasse per la testa di Mark, così da decidere se iniziare un nuovo capitolo nella sua vita, oppure se strappare una malconcia bozza. Sophia annuii.
« Sarà meglio tornare degli altri… » disse Sophia, guardando l'orologio e rendendosi conto che era passato molto tempo da quando il gruppo si era perso di vista.
Marco annuii. « Mi è piaciuta questa chiaccherata. »
« Anche a me. » ammise Sophia con un sorriso, prendendo la borsa appoggiata di fianco a lei sulla panchina e alzandosi in piedi. Marco fece lo stesso.
« Ah, un'ultima cosa… »
« Dimmi. »
La guardò per qualche secondo, « Alcune volte, Sophia, il bello sta nel tentare. Ricordalo. »
 
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