Note Aggiungo il terzo capitolo dato che, nel pf, ho già scritto il finale XD NON ANDATE A VEDERLO ù.ù la posterò pian piano anche qui XD
« need to believe. »
3.0
« One half of the world cannot understand the pleasures of the other. »
Emma, Jane Austen.
Era strano rivederlo accanto a sé - o meglio di fronte - dopo averla baciata e aver finto che non fosse successo nulla. Benchè avessero deciso di evitarsi - erano molto orgogliosi entrambi, e difficilmente avrebbero ammesso di aver sbagliato entrambi, nel loro piccolo - qualche volta buttavano un occhio sull'altro, per vedere cosa stesse facendo. Una volta, però, questo gioco di sguardi finì: si ritrovarono a guardarsi negli occhi, e lei, arrossendo leggermente, spostò lo sguardo da un'altra parte, fingendosi indifferente al suo sguardo.
Nessuno si accorse di ciò, poiché nessuno credeva in loro, in una probabile coppia. Più volte era uscito fuori il discorso e più volte, quando si facevano battute su una presunta relazione fra Sophia e Mark, si limitavano a ridere, e a considerarlo qualcosa di incredibile. Dopotutto, loro due erano incompatibili: a lei piaceva una cosa, a lui l'opposto; lei odiava certi comportamenti che, puntualmente, lui era solito avere; lei amava il mare, lui la montagna. Era come parlare due lingue differenti, per citare gli Articolo 31, eppure, in qualche modo, erano riusciti a trovarsi.
Pian piano il gruppo che si era formato intorno al tavolo se ne andò, lasciando Sophia e Mark, uno di fronte all'altro, in un silenzio imbarazzante.
« Strano che tu sia di così poche parole. » commentò, ironico, Mark, appoggiando le braccia sullo schienale della panchina. Sophia era famosa per non stare mai zitta, e di aver sempre pronto un discorso pronto.
« Sai, vedendoti ho deciso di fare economia: risparmio aria, così da non rimanere avvelenata dalla tua presenza. » replicò Sophia.
« Acida, he? »
Sophia girò la testa da tutt'altra parte senza rispondere. Lo disprezzava, non lo sopportava, eppure non riusciva a toglierselo dalla testa. Non poteva sopportare il fatto che non si fosse fatto vivo, che, per tutte le sere, l'aveva evitata, quando lei, la prima cosa che controllava, era se ci fosse lui o meno. Si sentiva quasi tradita.
« Ti va di andare in un posto? » chiese di punto in bianco Mark.
Sophia emise un risolino nervoso. « Ovviamente, no. »
Mark abbozzò un sorriso e si alzò. « Non costringermi a prenderti di peso. » la minacciò.
« Ah, vorrei proprio vedere! » lo sfidò, incrociando le braccia al petto, e alzando leggermente il sopracciglio. Mark si avvicinò a lei e, invece di prenderla in braccio, si diresse verso il suo viso, cercando - a quanto sembrava - di baciarla. Sophia, colta di sorpresa da quel gesto del tutto inaspettato, si alzò di scatto, scansandolo bruscamente.
« Che diav.. » esclamò.
« Brava, vedo che ti sei alzata. Ora andiamo. » la prese per un braccio e iniziò a camminare verso una stradina buia.
Sophia trattenne a stento un sorriso - no, non avrebbe sorriso, poiché sarebbe stato come arrendersi alla sua superiorità. Ormai era diventata una guerra - per essere caduta in trappola così facilmente. Ormai era in piedi e, non volendo fare una scenata, lo seguii in silenzio.
« Questa me la paghi. » mormorò fra i denti. Mark scoppiò a ridere.
« Vorrei proprio vedere come "me la farai pagare" » ridacchiò, continuando a camminare verso una stradina isolata. Sophia, benché avesse buoni, anzi ottimi, motivi per non seguirlo, finì per essere trasportata da lui, senza ribellarsi. Dopotutto, avrebbe potuto benissimo fermarsi e andarsene, eppure non lo fece. Desiderava stare con lui, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
« Non sottovalutarmi » disse, in tono di sfida, girando verso una stradina che si rivelò una di quelle strada senza uscita. « Mark, da qui non si va da nessuna parte. » Mark sorrise, e si avvicinò al muretto che delimitava la fine della strada. Tastò le pietre, cercando un buon appiglio per scavalcare. Sophia osservo la scena, incredula. « Tu non vorrai che io scavalchi… » disse. Portava una gonna, e anche abbastanza scomoda, e di certo non avrebbe scavalcato un muretto entrando in casa di qualche sconosciuto.
« Perché? » le chiese Mark, senza distrarsi dal suo lavoro.
« Perché… non si può entrare così in casa degli sconosciuti, e poi ho la gonna. » rispose decisa, incrociando le braccia al petto, non avendo la benché minima intenzione di scavalcare.
Mark sbuffò. « Bene, » le disse, rinunciando al suo lavoro e avvicinandosi a lei. « Saltami in spalla. » aggiunse, girandosi di spalle, facendole segno di salire.
« No, manco morta. »
« Considerala una sfida, Sophia. Ti sfido a fidarti di me. » Si girò quel poco che bastava per incrociare lo sguardo di Sophia che, rassegnata, si avvicinava a lui e gli saltava in spalla. Si avvicinarono al muro, e Sophia scavalcò, seguita da Mark che, senza il benché minimo aiuto era riuscito a oltrepassare il muretto. « Ok, ora che siamo qui? » disse leggermente innervosita Sophia. Era adirata con se stessa, poiché odiava essere così facile da convincere. Avrebbe dovuto rispondere un no secco e andarsene; eppure, ogni minuto passato con Mark per lei era prezioso: doveva ammettere che, Mark, era uno dei principali motivi per cui usciva la sera, per cui partecipava ad ogni iniziativa o festa. Ogni sera, ogni giorno voleva vederlo. Bastava uno sguardo, un sorriso, una semplice battuta per renderla felice.
« Seguimi. » mormorò Mark, entrando in quel luogo "oltre il muretto". Solo allora Sophia si accorse di essere in un giardino, di una villa probabilmente. Seguii Mark finchè non si fermo davanti ad un laghetto, illuminato dalla luna, dove erano radunate delle piccole ranocchie ai bordi. Vicino ad esso c'era una panchina in legno. Mark le fece segno di seguirlo, e si sedette sulla panchina. Sophia fece lo stesso.
« Sai, mi chiedo perché tu mi porti in questi posti… » sospirò Sophia, osservando quel laghetto. Era un luogo fantastico, semplice ma d'effetto.
« Non ti saprei rispondere… » ammise Mark.
« Cosa ti passa per la testa? » le chiese Sophia, girandosi verso di lui, sperando di poter vedere all'interno dei suoi pensieri e scoprirecosa gli stesse passando per la testa in quel momento, oppure scoprire se, all'interno della sua mente, c'era un posticino anche per lei…
« Non lo so neppure io, Sophia. » Sophia sospirò, quasi delusa dalla sua risposta. Mark sentì il suo sospirò e si girò verso di lei. Sorrise, accarezzandole dolcemente la guancia. « Mi dispiace. » le disse.
« Di cosa? » chiese, cercando di non arrossire, o far qualcosa che potesse anche solo far sospettare un qualche coinvolgimento da parte sua.
« Di non poterti dare le risposte che desideri. »
Il tempo iniziò a scorrere più veloce del solito. Le giornate erano un susseguirsi di avvenimenti e divertimenti. Mark e Sophia sembravano essere tornati amici, e aver quasi scordato il bacio sfuggito durante la notte di San Lorenzo. Sophia, intanto, iniziò ad avvicinarsi a Luca, un ragazzo non molto alto, con i capelli castani chiari, gli occhi verdi pastello. Era simpatico. Era un caro amico, nulla di più. Benché tutti avessero notato un certo legame tra lei e Luca, la sua mente era occupata solo da Mark, e, benché non volesse ammetterlo - anzi, ci scherzava pure sopra - non sarebbe riuscita a toglierselo facilmente dalla testa. Era gelosa di ogni suo spostamento; osservava i suoi occhi spostarsi quando passava una bella ragazza, o come i suoi occhi, per caso, incrociavano i suoi e si sorridevano a vicenda, senza nemmeno un buon motivo. Un giorno, Luca chiese a Sophia di farsi una passeggiata, e Sophia, che adorava passeggiare la sera, accettò molto volentieri. Si guardò un'ultima volta intorno, sperando di vedere Mark che, stranamente, quella sera non s'era fatto vedere, e poi iniziò a camminare con Luca. Risero e scherzarono, finchè il discorso iniziò a farsi molto più serio.
« Sophia, devo parlarti. »
« Certo, dimmi tutto. » Sophia gli sorrise, ma se ne pentì subito: riconobbe quello sguardo tipico di chi vuole affrontare un discorso serio, una dichiarazione. Sì sentì in trappola, si sentì senza via d'uscita, quasi impaurita di dover rispondere, di dover prendere una decisione e dover anche motivarla. A lei Luca piaceva, era simpatico, ma non l'aveva sorpresa, non aveva smosso quel qualcosa dentro di lei.
« Sophia, più ti conosco e più sento di non riuscire a starti lontano. Tu… bè, tu mi piaci molto. » Non c'è niente di peggio di dover spiegare il motivo per cui non si provano gli stessi sentimenti verso una persona che ti confessa un attaccamento più profondo di un'amicizia. E' semplice usare delle scuse, scuse sentite e risentite: "meglio non rovinare l'amicizia”, ”sei quasi un fratello per me", eppure, ogni volta, torna quel groppo in gola che ti fa sentire quasi in colpa di non provare gli stessi sentimenti. Ancora peggio, se, il motivo per cui si rifiutano alcune dichiarazioni d'amore è un altro ragazzo per cui si ha perso la testa. Non c'è niente di peggio che dire ad una persona che si ama qualcun altro. E' più semplice inventarsi delle frottole che ammettere di essere innamorati di un altro.
« Luca, io… » balbettò Sophia, « non volevo darti un'impressione sbagliata, ecco.. tu sei un caro amico, davvero, ma… »
« Ho capito. » tagliò corto Luca, spostando lo sguardo dall'altra parte. « Non c'è bisogno di perderti in discorsi complicati. Volevo solo fartelo sapere. E' tutto ok. » Bugia. Una bugia bella e buona che, però, salvò Sophia da un discorso molto imbarazzante. Non disse nulla per tutta la strada di ritorno. Si chiese se avesse fatto la scelta giusta. Valeva la pena rinunciare ad un ragazzo come Luca, per Mark, al quale sembrava essere indifferente? Non che volesse, come si suol dire, "tenersi buono" qualcuno, però non aveva altri motivi per non dare una possibilità a Luca. Chissà, forse sarebbe diventata una storia seria, magari con il tempo si sarebbe innamorata di lui, ma, per ora, la sua testa e il suo cuore erano occupati.
Sophia, col passare dei giorni, iniziò ad abbattersi per i "non progressi" con Mark. Ormai era come se fosse un caso archiviato per lui e lei fingeva di pensarla allo stesso modo, eppure non riusciva a toglierselo dalla testa. Tentò più volte di parlare con Giulia, ma non aveva mai trovato il coraggio. “ Tra un po' mi passerà ” si ripeteva ogni giorno, sperando che questa cotta per Mark le sarebbe passata da un giorno all'altro. La notte si addormentava chiedendosi se la stesse pensando, e la mattina si svegliava con il pensiero di vederlo fra qualche ora. Non voleva ammettere che probabilmente sarebbe diventato qualcosa di serio, perciò viveva nella convinzione che fosse solamente abbagliata da lui, sorpresa e che, col passare del tempo, sarebbe passato tutto. Una di quelle sere dove non si vedeva nemmeno l'ombra di Mark in giro, Sophia non riuscì a trattenersi, e parlò con un suo amico - per essere precisi conoscente - con cui non aveva mai preso tanta confidenza, Marco. Non era solita dire i fatti propri in giro, soprattutto alle persone con cui non ha una certa confidenza, eppure quella sera sentiva un pulsare nella testa, come se stesse per scoppiare, e quindi sentì il bisogno di liberarsi di quell'enorme peso. Quella sera spiegò brevemente - e cercando di restare più vaga possibile - a quel ragazzo bassino, con uno splendido sorriso e due occhioni color nocciola.
« Quindi, ti sei innamorata… » commentò mormorando.
« Innamorata è una parola grossa. Comunque bè, sì, credo di provare qualcosa per lui, ma… » mormorò, passandosi una mano fra i capelli, seduta su una delle numerose panchine insieme a Marco. Si erano ritrovati per caso da soli - il resto del gruppo si era diviso per motivi vari - e si erano messi a parlare del più e del meno, fino ad arrivare ad argomenti scottanti. Marco aveva ammesso una cotta per una ragazzina più piccola di lui e Sophia, arresa ormai all'evidenza e dall'enorme penso di quel "segreto" , ammise di provare qualcosa per un ragazzo, ma si guardò bene dal dire il nome.
« …Ma? »
« Ma, non so cosa fare, Marco. » ammise. Marco rimase un attimo in silenzio, come se stesse pensando ad una risposta adeguata.
« Sai, dovresti dirglielo. »
« No, non se ne parla proprio. »
« Sophia, dovrai scoprire prima o poi la verità. » Sophia non era stupida, perciò capì subito che l'idea di Marco era l'unica strada da percorrere. Doveva scoprire la verità, doveva sapere cosa passasse per la testa di Mark, così da decidere se iniziare un nuovo capitolo nella sua vita, oppure se strappare una malconcia bozza. Sophia annuii.
« Sarà meglio tornare degli altri… » disse Sophia, guardando l'orologio e rendendosi conto che era passato molto tempo da quando il gruppo si era perso di vista.
Marco annuii. « Mi è piaciuta questa chiaccherata. »
« Anche a me. » ammise Sophia con un sorriso, prendendo la borsa appoggiata di fianco a lei sulla panchina e alzandosi in piedi. Marco fece lo stesso.
« Ah, un'ultima cosa… »
« Dimmi. »
La guardò per qualche secondo, « Alcune volte, Sophia, il bello sta nel tentare. Ricordalo. »